IL RICHIAMO DEL DESTINO
Il punto di vista di Freda
«Scendi, scansafatiche che non sei altro. Siamo già in camera tua», mi urlò Kara, ma non volevo scendere dalla sua schiena. O meglio, ero troppo stanca persino per alzare un dito, e il fatto che mi avesse svegliata dal mio sonno di certo non aiutava.
«Non puoi lasciarmi dormire ancora un po'?» dissi pigramente. La sua schiena era davvero un ottimo posto per… Mi ritrovai scaraventata sul letto con la grazia di un sacco di patate.
«Ma che diavolo, Kara? Non potevi essere un po' più delicata?» strillai, fingendo un'espressione di dolore, ma in realtà accolsi con gioia l'invitante morbidezza del mio letto. Non avevo mai apprezzato così tanto il valore di possederne uno come in quel momento.
«Datti una regolata, pelandrona», disse Kara alzando gli occhi al cielo, per poi salire sul letto con me.
«Ehi, non è che io abbia quella cosa della super-rigenerazione o come si chiama», mi lamentai amareggiata, afferrando il cuscino e coprendomi la testa. Volevo solo andare nel mondo dei sogni e dimenticare l'esperienza straziante di oggi.
Desideravo che il sonno arrivasse, ma non riuscivo a chiudere occhio, perché i miei pensieri cominciarono a farsi iperattivi. Pensai a un sacco di cose, finché all'improvviso non mi tornò in mente il sogno che avevo fatto la notte prima. Ricordavo tutto con estrema precisione. Il suo bel viso pallido, la sua figura slanciata e i suoi abiti scuri come la notte stessa. La cosa che mi aveva colpita di più, però, era il suo paio di occhi color rubino, che sembravano guardarti dritto nell'anima. Aveva un'aria perfetta, ma in un modo pericoloso e spigoloso.
Esitai un istante, prima di decidere di raccontare questo sogno a Kara. Chissà, magari sarebbe stata in grado di capire chi fosse quel bel tipo.
«Uhm, Kara. C'è una cosa di cui ti vorrei parlare», dissi, togliendomi il cuscino dalla faccia e voltandomi verso di lei, che era assorta nella lettura di uno dei numerosi romanzi sparsi per la mia stanza.
«Gli umani hanno una concezione interessante della narrativa», mormorò Kara continuando a sfogliare le pagine, completamente persa nel libro.
«Ehi, ascoltami un secondo», le strappai il libro di mano, riportandola bruscamente alla realtà. Lei sbatté le palpebre e mi si lanciò addosso.
«Ridammelo! Non hai visto che stavo leggendo?» strillò, cercando di riprendersi il libro, ma io lo lanciai dall'altra parte della stanza e lei smise di dimenarsi.
«Perché l'hai fatto?» si lamentò, mettendo il broncio. «Ero arrivata al punto in cui lei confessava di aver finto…»
«Di quello parliamo dopo. Dobbiamo parlare, adesso. Riguarda un sogno che ho fatto», la interruppi con impazienza. Avevo davvero bisogno che mi aiutasse a identificare quel ragazzo misterioso che avevo sognato.
«E va bene. Di cosa vuoi parlare?» sbuffò Kara, ancora imbronciata.
«Ho fatto un sogno», dissi a voce bassa, cercando di sondare la sua reazione.
«Tutti abbiamo dei sogni, Freda» mi disse Kara, alzando gli occhi al cielo.
«No, voglio dire, ho sognato qualcuno» la corressi. Le sue orecchie si drizzarono all'istante e mi fissò con un lampo di interesse nello sguardo.
«E chi sarebbe questo qualcuno? Dimmi, è un uomo? Da quando hai iniziato a sognare gli uomini? È Hector?» cominciò a vomitarmi addosso una raffica di domande, ma quella che catturò la mia attenzione fu quando insinuò che avessi sognato Hector. Ma perché diavolo avrebbe dovuto anche solo pensare che potessi sognare quello stupido di una creatura mitologica?
«Perché mai ti è venuto in mente che potessi sognare quell'idiota, quello spreco di tempo e di spazio?» le chiesi, con un'espressione di orrore dipinta sul viso.
«Beh, voi due sembrate... piuttosto intimi, direi» rispose Kara con un'alzata di spalle, guadagnandosi una cuscinata in testa. «Ahi! Ma che ti prende?»
«Non dare mai più per scontato che io e quella frittella a grandezza d'uomo siamo amici» le dissi, cercando di colpirla di nuovo, ma stavolta lei schivò con grazia.
«Scusa, va bene. Adesso sputa il rospo: chi hai sognato?» si scusò Kara, fissandomi con curiosità.
«Beh, ho sognato un ragazzo» continuai, descrivendo i dettagli del sogno al meglio delle mie capacità. Le parlai del castello nero, della nebbia e, infine, del signor Pallido e Affascinante. Quando iniziai a descrivere il tizio, Kara aggrottò leggermente la fronte, come se stesse pensando a qualcosa.
«A cosa pensi?» le chiesi, incuriosita.
«Hai appena detto che aveva la pelle pallida, vestiti neri e occhi cremisi?» mi domandò, come per avere una conferma. Annuii e le sue sopracciglia si aggrottarono ancora di più.
«Perché mai dovresti sognare un vampiro?» mormorò Kara a bassa voce, ma la sentii lo stesso. Rimasi di sasso: il tizio che avevo sognato era un dannato vampiro? L'imminente incontro che mi attendeva con il Re dei Vampiri mi tornò di colpo in mente, ma non capivo. Perché cazzo avrei dovuto sognare un vampiro proprio quando stavo per partire per un cosiddetto incontro con il Re dei Vampiri? La cosa non quadrava, non aveva alcun senso.
«La domanda è: perché diavolo stavo sognando un vampiro quando sto per andare in un posto infestato da loro?» mi lamentai, con un'espressione confusa.
«Non lo so, Freda. Forse dovremmo lasciar perdere? Potrebbe essere solo la tua mente che proietta le tue paure sotto forma di sogno» suggerì Kara, e io annuii. Avevo ancora i miei dubbi, però. Il sogno poteva anche essere casuale, ma le sensazioni che avevo provato non potevano essere inventate. Ricordavo ancora come mi ero sentita, quel senso di desiderio e brama che mi era montato dentro mentre lo fissavo nei suoi occhi color rubino.
Dopo averci pensato un po', decisi di considerarlo semplicemente un evento casuale. Mi voltai verso Kara per iniziare un'altra conversazione, quando un colpo pesante risuonò alla porta della mia camera.
Un gemito mi sfuggì dalle labbra mentre mi alzavo pigramente dal letto per andare a vedere chi fosse.
